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recensioni

giovedì 27 luglio 2006

articolo di MARIA ELENA LODA - BRESCIAOGGI

Favelas, ma anche tropici da turisti, in settemila chilometri di bus

Un viaggio di sei mesi sui ritmi di bossanova, reggae, samba, da Salvador de Bahia - dove ci si muove sotto la spinta di Bob Marley, ed è vivo il sentimento pulsante dei tamburi africani - a Sao Paulo Do Brazil, attraversando la «pasion brasileira» per la notte in musica, fino ad arrivare ad un epilogo che, dopo tanta allegria, riserva un’ inattesa sorpresa.
«?Vosotros quiereis bailar?» E’ la proposta accattivante e insieme sentitamente, tristemente provocatoria di Fabio Bix, di scena in piazza Aldo Brusato per il terz’ ultimo appuntamento di «Jazz on the Road». Allontanandoci per un momento dall’ american jazz e da tutti i jazz che hanno fin qui riempito le sere estive di Brescia -, si entra nell’andatura sensuale de «la menina que pasa» di Ipanema in «Favelas», racconto autoconclusivo tratto dalla raccolta inedita «Fagioli».
Settemila chilometri di bus, «que es cosa loca», che pazzia. Eppure, da tanta strada, dolciamare gocce di vita dal sentore ora di sole, ora di terra, si svolgono come il fluire ordinato di una scrittura. Una mezzadonna priva di gambe che si sposta rotolando su un piazzale che solo all’occhio sembra pulito; corpi resi flessuosi e sottilmente ascetici non tanto dalla fame, quanto da una ancor più desolante assenza di fame, giacchè avere almeno i residui dell’ appetito sarebbe già qualcosa; e la certezza acquisita sul posto che, scegliendo volontariamente certe mete, è impensabile avere l’ illusione che allo sguardo sia riservato solo quanto promesso dalle riviste dei Club vacanze, ciò per cui gli europei che vivono di luoghi comuni - danze, Carnevale, Cuba Libre, spiagge e piazze in tripudio - pagano.
Da Rio a Salvador de Bahia ci sono ventisei ore di bus, per trovare non il samba fremente dello spirito brasiliano, ma il reggae selvatico che scuote le pelli lucide di quanti avevano i bisnonni in vincoli. Un cantante che tra i cocci dei cocktail intona «non piangere più Argentina», una caipirinha che tarda ad arrivare, una canna di marjuana che viene passata a compensazione dell’ attesa. E un nome di donna, Michelle, che ha poco di Brazil, ma molto di Beatles. Masticando politiche ideologiche fatte sui libri più che sulle piazze, ballando e ridendo a prescindere da golpe e miseria, la strada polverosa volge lievemente in declinare: e di tante musiche, di tanti ritmi, di tanti tramonti e sorrisi, restano le spoglie ammassate, nascoste e rassegnate delle favelas silenziose.
Maria Elena Loda


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