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recensioni

venerdì 28 luglio 2006

articolo di MARIA ELENA LODA - BRESCIAOGGI

E il sassofonista veneto ripercorre la strada di Monk

Sofisticati tocchi internazionali per il penultimo appuntamento di Jazz on the Road in piazza Tebaldo Brusato: a firmare la sera con quel tocco di esotismo da traversata oceanica, non solo orecchiabile, ma anche ballabile da New York ad Hawaii nelle calde notti estive, è il sax tenore di Pietro Tonolo, virtuoso multisfaccettato che nel gotha cosmopolita del jazz occupa un posto di eccezione. A fargli da ideale complemento, il Dino Rubino Ensemble, piano, contrabbasso e batteria che regolarmente calca i palcoscenici dei più importanti Festivals italiani.
Un flusso musicale attraente, di classe sobria e mai traboccante, comunque sempre ricca di soluzioni armoniche dove la sublime dolcezza esecutiva fonde in un unico spirito i quattro strumenti senza però perderne la peculiare individualità di ognuno, nel rispetto dei diversi caratteri interpretativi di artisti che sanno collaborare in gruppo, ma senza perdere la traccia d’ indentità che ciascuno si è ricavato in anni di studi musicali e sperimentazioni jazzistiche. C’è il ricordo del jazz trasversale di Thelonius Monk in Tonolo, il piacere raffinato a lasciarsi andare verso una concezione profonda e impegnata di jazz, ma senza dimenticare la necessaria levità suggestiva che deve risaltare all’ ascolto, tratto che va in cerca - e ne viene a sua volta sfiorato - della gentilezza del piano appena accarezzato da Dino Rubino, secondo una sottigliezza intuitiva che apporta una qualità melodica sensibile e altissima alla performance. Ben si sposano a questo sound introspettivo e conchiuso le legature fermissime del contrabbasso di Stefano Senni, e le costruzioni articolate di Emanuele Maniscalco alla batteria, del quale c’è da sottolineare la morbidezza brillante del polso, in grado di inserirsi nel "mood" della composizione per apporvi la propria firma discreta ma riconoscibilissima e di grande impatto pur nei pianissimo sottotono.
In certi passaggi si colgono l’ eco e i "glitters" delle musiche da rivista, le atmosfere intimistiche e fascinose dei clubs di Chicago, delle serate di gala in crociera, dove sui piroscafi più prestigiosi la voce del jazz è continua come l’ onda, pur senza mai recare noia agli ospiti. Un jazz pulito, di ricercatezza estrema, tranquillamente adagiato nell’interscambio tra i musicisti; molti contrattempi che si riallacciano alla samba brasiliana, vagheggiamenti di partiture di Nino Rota, ma anche cool jazz, contaminazioni con il free jazz, improvvisazioni scintillanti che mantengono la cadenza sfumata che è nel progetto interpretativo dei quattro. Un sogno di rarefatta distinzione, di aerea delicatezza che scivola via lento, a volte triste, in lievi successioni tonali tendenti a svanire nella nebbia di un jazz emotivo e sospeso, quasi come galleggiante sul pelo di un’ acqua quieta ravvivata da mille riflessi luminosi.Maria Elena Loda


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